Cumbia non é sempre stato Cumbia, alla sua nascita si chiamava Radical.
In questo articolo spiegavo la storia dietro Radical. Nei prossimi articoli leggerete il motivo di questo cambiamento e l’essempio di come una difficoltà si puo trasformare in una opportunità!
La scelta di Radical, come nome del mio progetto, è diventata inevitabile dopo una serie di incontri con gli amici di Zero Comunicazione Integrata (https://www.spaziozero.info), che mi hanno aiutata a trovarla. Discutendo con loro, sul tavolo erano finiti diversi naming, ma solo uno alla fine tornava sempre: Radical.
Perché Radical, sin dall’inizio, mi ha fatto sorridere; perché il mio capo, ai tempi della Francia, mi ha sempre detto - quando affrontavamo tematiche sensibili e complesse sul devenire dell’azienda, sulle decisioni da prendere o su i rischi da assumere - «Iamena, ma tu sei troppo radicale...» e io non potevo negare che fosse vero.
Sì, Radical è un nome che mi mette di buon umore. Mi fa sorridere e mi riporta bei ricordi: quelli di una storia professionale vissuta a fianco di persone che hanno avuto fiducia in me, che mi hanno fatto conoscere la libertà, mi hanno aiutato a crescere e poi, non senza difficoltà, mi hanno lasciata andare.
E poi, Radical, a pensarci, riassume anche alcuni concetti che per me sono chiavi di volta e rappresentano il mio approccio e i miei riferimenti.
Per iniziare, il cambiamento non può che essere radicale. Oggi più che mai, abbiamo bisogno di un cambio di paradigma. Che vuol dire: ripensare tutto quello che diamo per scontato, e tutto quello che fa parte della nostra vita “da sempre”. E questo ripensamento non si può fare in superficie; va fatto in profondità, con il coraggio e la leggerezza di rimettersi in gioco e di mettere in discussione tutte (o alcune, almeno) le nostre certezze. Questo cambiamento inizia solo se prendiamo consapevolezza di noi stessi, se ci impegniamo a trovare il nostro senso, la nostra direzione, se scegliamo i giusti valori per guidarci, se ci ascoltiamo e proviamo a fare tesoro della nostra storia, delle nostre radici. Pronti a crearne di nuove, più forti: questa volta scelte accuratamente per costruire un futuro diverso, e migliore, per i nostri cuccioli.
Ma Radical parla anche di terra: cioè della necessità di rimanere sempre legati alla materia, alla concretezza. Radical implica una visione pragmatica del cambiamento: che parte dalla realtà, dei fatti e delle persone, dalle problematiche quotidiane, per trovare un modo diverso di fare ciò che sia più sostenibile e che riesca ad allineare - e accogliere - i bisogni di tutti.
Radical parla di piccoli passi di ogni giorno: i grandi discorsi, che hanno soltanto buone intenzioni e presentano visioni utopiche e dogmatiche sul cambiamento, non fanno per me. Sì, certamente sono ispiranti, possono dare entusiasmo, ma li trovo poco costruttivi. È questa distanza tra ideologizzazione e concretezza che, immagino, ci porta spesso a chiuderci in noi stessi o a fare gruppo solo con persone che la pensano come noi e che giudicano gli altri dall'alto di una saggezza autoreferenziale e di una spiritualità troppo esibita. Ma io credo che questa postura non sia quella necessaria al cambiamento. Queste posizioni, al contrario, rischiano solo di provocare nella società una frattura di cui non abbiamo bisogno. Io dico Radical, perché credo in un cambiamento concreto, sostenibile e duraturo, che parte dal basso, e dal piccolo, ma senza compromessi sugli obiettivi e i valori. Radicale.
Radical parla, naturalmente, anche delle radici. E dell’importanza di averle, riconoscerle, valorizzarle. Se un individuo ha radici forti, significa che è connesso con le sue origini, indipendentemente da dove si trovi a vivere, in un determinato periodo della sua vita. Avere radici è avere un posto dove tornare, un posto sicuro dove la rete è forte, solida e capace di accoglierci, sempre. Avere radici forti ci permette, prima, di stare in piedi e guardare avanti e, successivamente, di fare le scelte giuste per crescere e attraversare, con piccoli passi concreti, quello spazio che avevamo solo intravisto. Avere radici forti ci permette di volare alto e di rischiare perché, anche se poi si cade, non è grave: c'è una rete a sostenerci. Radicale.
Infine. Quando penso alle radici degli alberi, al modo in cui comunicano, e condividono, per la mutua crescita, mi viene facile lasciarmi ispirare, anche nella visione che ho del modo in cui dovremmo fare società e impresa. Cioè mettendo al centro non più la competizione tra gli individui - tra aziende che lavoranno nello stesso settore, per esempio - ma la collaborazione. Perché la crisi - culturale, climatica, economica, energetica - che stiamo affrontando oggi è davvero profonda e comporta sfide così complesse che nessun singolo può risolverle da sé. Radical è anche questo: fare rete tra le radici; mettere insieme; condividere sapere, tempo, energia; aprirsi agli altri. Sì: prendiamo gli alberi come esempio: mettiamo le nostre radici in connessione, condividiamo sentimenti, emozioni, esperienze, know how: forse avremo trovato un modo di far crescere boschi nuovi.
E allora: Radical. Perché questo è un tempo di nuove e forti visioni. Di valori concreti. Di voglia di fare qualcosa, passo dopo passo, insieme. Di abbandonare gli indugi e di non scendere a compromessi, su ciò che conta veramente. Il cambiamento è progressivo, profondo e tocca le radici. Ma non è più rinviabile.
Sii Radical anche tu, con me! Dai, salta!